Milano, 13ottobre 2010
Prestiti per gli studentiuniversitari: che onore!
I prestiti d'onore si ispirano auna pratica ormai consolidata nei Paesi
anglosassoni, ma in Italia stentano adecollare. Ecco perché.
Ottobrefino a poco più di quarant'anni fa era il mese dei"remigini", cioé i
bambini che iniziavano la primaelementare il giorno di San Remigio che cade il
1° ottobre e che una voltasegnava il termine ultimo delle vacanze estive e l'
inizio della scuola.Oggi non è più così: la scuola dell'obbligo inizianelle
prime settimane di settembre e ad ottobre è ormai a pieno regime.
Chiinvece sta per tornare sui banchi, se non è già tornato, edè pronto a
districarsi tra piani di studio, quarti d'oraaccademici, giornate passate in
biblioteca o in laboratorio, sono gli studentiuniversitari. Ottobre è infatti
diventato ben presto il mesedell'università. Periodo della conquistata
autonomia, in cui iltempo è tutto nelle mani dello studente, ma anche momento
in cui la famigliadeve farsi qualche conto in tasca (specie se il figlio è
fuori sede) persostenere le spese di tasse universitarie, libri, mezzi di
trasporto,affitti, extra.
Macome ci si può sobbarcare questi costi senza far soccombere il
bilanciofamiliare? Una soluzione potrebbe essere quella del prestito d'onore.
Una pratica molto diffusa nei Paesi anglosassoni ma da noi ancora poco presa
inconsiderazione. In realtà qualcosa di simile è contemplato in unodei punti
della riforma universitaria Gelmini, in questi giorniall'esame della Camera, e
riguarda il cosiddetto Fondo per il merito.Questo consiste nella possibilità
che studenti meritevoli ma pocoabbienti si vedano offrire dall'università
"buonistudio" da restituire dopo il conseguimento del titolo.
Ilsistema è davvero virtuoso o nasconde qualche inghippo? A giudicare
dairisvolti pratici qualche problema lo causa la rigidità relativa
delleclausole di ammortamento perché è chiaro che lapossibilità concreta di
rimborsare varia a seconda dello status economicoe sociale della persona
indebitata.
Alcuniesperimenti di "prestitifiduciari" sono stati avviati dalle università
italiane a partiredal 2003, ma sono rimasti in parte inutilizzati a causa della
clausola cheobbligava lo studente debitore a rimborsare il prestito giàall'
indomani del conseguimento del titolo. La riforma Gelminirimedierebbe solo in
parte al problema prevedendo la restituzione del debito«secondo tempi
parametrati al reddito percepito». È ovvioche pagare un debito da neolaureati
non è la stessa cosa che farlo daprofessionisti avviati, specie in un Paese
come l'Italia in cui ilprecariato degli ultratrentenni, quindi in media
laureati già da diversianni, è una piaga sociale tuttora difficile da
estirpare.
Lariforma potrebbe apportare qualche cambiamento, ma non modifica la
situazione.Servirebbe che questo dialogo tra studente e università, in
cuisporadicamente si inserisce anche la politica, fosse esteso agli istituti
dicredito, soggetto interessato all'argomento dei prestiti.Nell'attesa che
qualcosa di più venga fatto per gli studentiuniversitari, è però possibile
organizzarsi da séconsultando un sito di comparazione dei prezzi come
Supermoney per visionare le offerte difinanziamento presenti sul mercato.
Richiedereun prestito personaleper motivi di studio costringe inoltre le
famiglie a ripensare agliinvestimenti: non più solo sul mattone o sull'auto ma
su qualcosadi immateriale e difficilmente quantificabile, la cultura.
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