giovedì 26 marzo 2009

BANCHE: STA PER SCOPPIARE LA BOMBA DERIVATI SUI COMUNI.

 

STA PER SCOPPIARE LA BOMBA DERIVATI SUI COMUNI (IL 58% DEL LORO DEBITO TOTALE) - ROMA DOVRà PAGARE SOLO DI INTERESSI 200 MLN € NEL 2009 – MILANO, PERDITA 2/300 MLN - "le banche, in cambio dell'aiuto DI STATO, trasformino i derivati in normali prestiti"

Mario Lettieri e Paolo Raimondi per "Italia Oggi"

Un mese fa la Corte dei conti denunciò «l'uso sconsiderato di derivati finanziari da parte degli enti locali» e fece appello ad adottare un «principio di prudenza per i contratti derivati finalizzati alla ristrutturazione del debito degli enti locali».
Ma i richiami alla trasparenza, alla certificazione e a una maggiore qualifica degli operatori coinvolti non bastano per affrontare l'emergenza della crisi. I dati di fine anno 2007, riportati nelle recenti audizioni della commissione finanze del senato, indicano 41 miliardi di euro in derivati su un debito totale dei comuni, delle province e delle regioni pari a 82 miliardi.
Cioè il 50%, per i soli comuni la cifra sale percentualmente al 58% del loro debito totale. Negli anni passati molti amministratori locali di tutte le tendenze e colori politici hanno pensato di riorganizzare il debito dei loro enti anche attraverso operazioni in derivati swap, che permettevano loro di diluire nel tempo il pagamento dei debiti e, in molti casi, addirittura di negoziare un montante del debito maggiore e di incassare subito la differenza in cash.
Essi avrebbero fatto bella figura con i loro concittadini perché avevano più soldi da spendere! Gli intermediari finanziari però non avevano detto loro cosa prevedeva il derivato. In particolare non avevano detto che negli anni a venire e per decenni i bilanci degli enti sarebbero stati soffocati dalla bolla degli interessi da pagare alle banche.
In verità molti amministratori locali sono stati vittime di una vera e propria «circonvenzione di incapace». Altri, pochi, hanno partecipato a vere e proprie truffe su cui le procure stanno indagando. Per loro ci sarà il giudizio del voto e quello della legge. Infatti, spesso non si tratta solamente di atti finanziari speculativi ad alto rischio, bensì di sottrazione di risorse ai servizi pubblici primari.
In una situazione di crisi finanziaria globale e nazionale ciò si traduce anche in un peggioramento della capacità produttiva, in una perdita di produzione e di lavoro delle nostre pmi e in un generale impoverimento di ampie fasce sociali.
Il comune di Roma nel 2009 pagherà 200 milioni di euro in più di spese per ammortamento (con maggiori interessi passivi) dell'attuale debito a lungo termine che è stato sottoposto a complesse operazioni di ristrutturazione finanziaria, passando da 420 a 620 milioni di euro. Non solo. Roma infatti dovrebbe continuare a pagare altissimi interessi per questi contratti derivati capestro fino al 2048!
La procura di Milano indaga da tempo, anche con numerosi avvisi di garanzia, per chiarire contratti in derivati per 1 miliardo e 680 milioni di euro che, secondo varie stime, potrebbero comportare una perdita tra 200 e 300 milioni di euro per il Comune. La Guardia di finanza di Firenze starebbe acquisendo documenti per un'indagine su «alte commissioni e abuso di tassi esageratamente alti» che coinvolge 8 banche e 11 comuni della provincia per derivati pari a 1 miliardo e 700 milioni di euro.
Poi ci sono i derivati di Napoli, Torino, fino ai piccoli comuni, e delle principali regioni a cominciare dalla Lombardia. Naturalmente questi contratti in derivati determinano un grande trasferimento di risorse finanziarie dai bilanci degli enti locali verso le banche.
Queste banche, nazionali e soprattutto internazionali, sono le stesse che sono in situazioni di grande crisi proprio per le bolle speculative create dai titoli tossici. Sono sempre le stesse banche che chiedono sostegni finanziari ai governi per salvarsi dalla bancarotta. Chiedono capitali pubblici garantiti dagli stati e quindi dalla collettività.
Come si può quindi tollerare che la collettività paghi due volte? La prima per salvare le banche dalla crisi e la seconda per pagare i derivati sottoscritti con le stesse? A fronte di tale situazione servirebbe anzitutto bloccare immediatamente le eventuali ulteriori sottoscrizioni di derivati da parte degli enti locali.
In seguito, quando le nuove auspicate regole dell'economia e della finanza verranno definite, si decideranno anche metodi e comportamenti che riguardano i vari strumenti finanziari e bancari utili alla stabilità del sistema.
Il governo dovrebbe individuare altre fonti e altre norme per il risanamento dei bilanci degli enti locali. Intanto lo stato dovrebbe esigere che le banche, in cambio dell'aiuto pubblico, trasformino i derivati in essere in normali prestiti a medio e lungo termine con tassi di interesse chiari ed equi.
Tecnicamente non sarebbe un problema: chi è stato capace di costruire un complicato e poco trasparente contratto derivato, è certamente capace di «decostruirlo». Si tratta di non essere succubi dei forti poteri delle banche! È una decisione di politica economica che il parlamento e il governo possono prendere in pochi giorni e in modo condiviso, liberando in tempi brevissimi notevoli risorse per interventi di sostegno sociale e di investimento locale.

BANCHE: CON IL CONTAGOCCE ALLA IMPRESE,NON RENDE NULLA AI CORRENTISTI.

 

AIUTO, MI SI È RISTRETTO IL CREDITO - ALLE IMPRESE ARRIVA COL CONTAGOCCE. NON RENDE NULLA AI CORRENTISTI. MA ALLE BANCHE IL DENARO COSTA SEMPRE MENO E SI TENGONO BEN STRETTI I SOLDI CHE RICEVONO - SOLO UN PARADOSSO DELLA CRISI?
Vittorio Malagutti per "L'espresso" (ha collaborato Mariaveronica Orrigoni)

Per trainare un'auto può bastare una fune. Ma se volete spingerla, la corda diventa inutile. La metafora del filo coniata ai tempi della Grande Depressione è ancora attualissima. E descrive alla perfezione il paradosso più grande della crisi globale dei nostri giorni. Economisti e banchieri, infatti, sanno bene che le manovre al rialzo sui tassi possono ridurre, come tirando un filo, l'offerta di denaro con il risultato di spegnere le fiammate inflazionistiche. Muoversi in senso contrario, e cioè pompare liquidità nel sistema, rischia invece di rivelarsi uno sforzo vano, incapace di rimettere in moto la macchina dell'economia. Proprio come spingere un oggetto servendosi di un filo.
Le cronache di questi giorni raccontano gli effetti pratici di questo paradosso. Dopo gli interventi a raffica (cinque in sei mesi) della Banca centrale europea (Bce) i tassi sono precipitati al minimo storico, ma il denaro non circola quanto sarebbe necessario per superare la crisi. Imprenditori grandi e piccoli si lamentano di non aver accesso al credito. Se la prendono con i banchieri troppo prudenti. Li accusano di scaricare sulle aziende i problemi e le inefficienze del sistema finanziario.
Eppure, come ha spiegato Giorgio Gobbi, capoeconomista di Bankitalia, nella sua audizione in Senato dell'11 marzo, "tra lo scorso settembre e la fine di gennaio i principali tassi sui crediti alle imprese si sono ridotti di oltre un punto percentuale, riportandosi sui valori prevalenti nella prima metà del 2006". Secondo le rilevazioni della Banca d'Italia, quindi, dopo le tensioni di ottobre e novembre, nel pieno della tempesta finanziaria, il costo del denaro per le imprese in queste ultime settimane si sarebbe ridotto dal 6,5 per cento al 5,5 per cento, gli stessi livelli del 2006.
Una notizia senz'altro positiva per le aziende, ma solo a metà. Perché, a ben guardare, adesso i banchieri hanno la possibilità di fare provvista di denaro a un prezzo inferiore rispetto a tre anni fa. Eppure, come dimostrano le statistiche più recenti, il costo dei prestiti per gli imprenditori risulta lo stesso del 2006. In altre parole, gli istituti di credito hanno trasferito solo in parte ai loro clienti i ribassi varati dalla Banca centrale europea guidata da Jean-Claude Trichet. Tre anni fa il tasso di riferimento fissato dalle autorità monetarie di Francoforte era pari al 3,5 per cento.
Ovvero due punti in più rispetto al livello (1,5 per cento) raggiunto con l'ultimo intervento deciso all'inizio di marzo. Anche l'Euribor, cioè il tasso medio a cui avvengono le transazioni finanziarie tra le grandi banche europee, si è ridotto di molto: l'indice a tre mesi viaggia ormai stabilmente sotto l'1,7 per cento. A metà del 2006, invece, l'Euribor superava di poco il 3 per cento.
Di più: anche sul fronte della raccolta le banche stanno facendo il pieno a prezzi di saldo. I tassi offerti in media sui depositi a gennaio erano già scesi sotto l'1 per cento (0,91, dato Bankitalia). E le famiglie, dopo il crollo dei mercati finanziari, spesso non trovano di meglio che parcheggiare i loro risparmi sul conto corrente.
Insomma, la curva del costo del denaro si avvicina sempre più alla fatidica quota zero, ma questo non basta ad allentare la stretta sul credito, perché le banche si tengono ben stretti i soldi che ricevono. "Lo fanno anche perché temono un ulteriore peggioramento della crisi", spiega Marco Oriani, docente di economia degli intermediari finanziari all'Università Cattolica di Milano.
E intanto, lucrando sull'aumento del differenziale dei tassi tra raccolta e impieghi, gli istituti di credito riescono anche a puntellare il conto economico. Una manovra provvidenziale, visto che i bilanci, colpiti dalla crisi dei mercati finanziari sono imbottiti di minusvalenze su titoli. Resta il fatto che le imprese, soprattutto quelle di piccole dimensioni, faticano sempre di più a trovare credito proprio quando ne avrebbero maggiore bisogno, mentre soffia forte il vento della recessione.
Non è solo una questione di tassi. Martedì 17 marzo, durante la sua audizione alla commissione finanze della Camera, il governatore di Bankitalia Mario Draghi ha spiegato che "al ristagno del credito contribuisce anche una politica più cauta delle banche nella concessione di prestiti a famiglie e imprese". Una conferma indiretta di questa valutazione arriva da un'indagine condotta nei giorni scorsi dalla Confederazione nazionale dell'artigianato.
"Le difficoltà più grandi", si legge nei risultati della ricerca, "riguardano la disponibilità dei finanziamenti bancari e il peggioramento delle condizioni imposte alle imprese". E così, come segnalano migliaia di imprenditori da un capo all'altro della Penisola, le banche si prendono tempi più lunghi (a volte infiniti) per le istruttorie sui fidi. Oppure concedono il prestito, ma solo a scadenze brevi. Oppure, ancora, chiedono al cliente un reintegro delle garanzie. Di recente, per esempio, si sono moltiplicati i casi in cui il titolare dell'azienda si sente richiedere una fideiussione supplementare firmata dai suoi genitori anche sui loro beni personali.
La prudenza dei banchieri e l'aggravarsi della recessione finiscono per innescare una pericolosa reazione a catena. Prive di finanziamenti adeguati, le aziende vanno più facilmente in crisi. E così aumentano i prestiti in sofferenza nei bilanci delle banche, che diventano ancora più prudenti, stringono ulteriormente le maglie del credito e quindi contribuiscono ad aggravare la crisi dell'economia. I dati più recenti sembrano confermare questo scenario sconfortante.
A gennaio il credito al settore privato è cresciuto solo del 2,3 per cento contro l'8,5 per cento del settembre scorso. I prestiti incagliati ormai superano il 2 per cento del totale contro l'1,4 per cento di giugno 2008. E già nell'ultimo trimestre del 2008, prima che la crisi economica si aggravasse ancora, il tasso di insolvenza delle imprese aveva raggiunto il valore più elevato dal 1999.
Con queste premesse c'è poco da stupirsi se tutti i più autorevoli centri studi hanno rivisto al ribasso le previsioni sul Pil. Da ultimo si parla di una riduzione del 3 per cento nel 2009. Manca la fiducia nella ripresa e senza fiducia difficilmente le banche torneranno ad allentare i cordoni della borsa. Intanto il ministro Giulio Tremonti si affida ai prefetti per sorvegliare i banchieri e rilanciare il credito alle aziende. Una trovata ad effetto, ma dagli esiti incerti e di difficile applicazione. Quasi come spingere un'auto con una corda.

POLIZZE VITA: CENTOMILA TRADITI DA LEHMAN; UNICREDIT; POSTE VITA

 

L'Espresso
Centomila italiani TRADITI DA LEHMAN

I più esposti con prodotti Lehman Brothers: Cnp UniCredit Vita, Novara Vita, Unipol assicurazioni, Poste Vita, Zurich life insurance Italy, Mediolanum

GLI EFFETTI DEL CRAC DELLE POLIZZE ASSICURATIVE. Più di 20 compagnie e quasi 2 miliardi di premi versati da persone convinte di comprare prodotti sicuri. Così ora partono le richieste di risarcimento Milano 2003: dopo una vita spesa a lavorare in una Asl, Rosa Brambilla riscuote la sua sudata liquidazione. Si reca alla filiale meneghina della Banca di Roma, poi assorbita in Unicredit, per depositare il suo denaro e decidere la migliore forma di investimento. Al consulente della banca spiega che vuole andare sul sicuro. Le vengono proposte due polizze assicurative 'index linked' denominate Performance 06 e Progetto Atlantic bond 2. La proposta è allettante: le viene assicurato un rendimento annuale superiore a quello dei Bot e garantita la restituzione dell'intero capitale nel febbraio 2009. Rosa investe 95 mila euro pensando di avere messo al sicuro la vecchiaia. Le due polizze si rivelano invece la sua rovina: garantite da bond della banca d'affari Lehman Brothers si trasformano in carta straccia quando lo scorso settembre l'istituto Usa va in default. è a quel punto che Rosa capisce di avere perso i risparmi di una vita intera. Come Vito Angelillo, impiegato Telecom di Torino, che lo scorso anno si è lasciato convincere dagli impiegati della sua banca a investire 5 mila euro in una polizza Cba Vita, società assicuratrice del gruppo Banca Sella. Racconta Angelillo: "Gli impiegati mi parlarono di una polizza con scadenza 2013 che mi garantiva un rendimento annuo del 4,5 per cento. Pensavo di avere fatto un affarone. Solo quando mi hanno telefonato qualche settimana fa per informarmi del crollo di Lehman ho capito di essere stato fregato. Altro che assicurazione, mi avevano venduto un prodotto del tutto diverso senza informarmi dei rischi che correvo. Per questo adesso rivoglio indietro i miei risparmi, anche a costo di ricorrere in tribunale". Compagnie assicurative all'erta: sono tanti gli investitori titolari di polizze index linked garantite da obbligazioni Lehman Brothers e che, bruciati dal crollo della banca d'affari americana entrata in amministrazione controllata (chapter 11) lo scorso 15 settembre, stanno bussando alla porta delle associazioni che tutelano i diritti dei risparmiatori. Associazioni agguerrite come Adusbef, Confconsumatori, che si apprestano ora a scendere sul sentiero di guerra intimando agli assicuratori di restituire i soldi delle polizze se non vogliono finire in tribunale. Quante sono le polizze garantite da Lehman Brothers? E quali compagnie assicurative le hanno vendute? Sul numero e sul valore delle polizze sottoscritte, dal giorno del crac Lehman c'è stato un vero balletto di dati. Il 25 settembre, ascoltato dalla commissione Finanze della Camera su richiesta del deputato del Pdl Amedeo Laboccetta, Giancarlo Giannini, presidente dell'Isvap, l'autorità per la vigilanza sulle assicurazioni private, aveva parlato di una esposizione modesta delle imprese assicuratrici italiane verso Lehman: 1,1 miliardi di euro. Il 10 ottobre, grazie a una stima del ministero dell'Economia, la somma saliva a 1,27 miliardi. La verità? Secondo una nuova ricognizione dell'Isvap, i cui risultati 'L'espresso' ha potuto visionare, la cifra a metà ottobre è già salita a 1,9 miliardi per 111 mila polizze. Ma potrebbe ancora lievitare. Chi risulta più esposto con prodotti Lehman Brothers? Al primo posto della graduatoria (vedere tabella in alto a destra) c'è Cnp UniCredit Vita, compagnia partecipata da UniCredit Group, con 576 milioni di euro e 29 mila polizze sottoscritte; quasi il doppio della posizione fatta registrare da Novara Vita (gruppo Banca popolare di Novara) con 290 milioni di euro e quasi 17 mila polizze; al terzo posto c'è Unipol assicurazioni, che attraverso sette prodotti diversi è riuscita a fare sottoscrivere oltre 13 mila contratti per 206 milioni di euro. Seguono Poste Vita (35 mila polizze per 183 milioni), Zurich life insurance Italy (136 milioni) e Mediolanum: le polizze fatte sottoscrivere da questa compagnia sono oltre 9 mila per 118 milioni di euro (ma la compagnia ha già denunciato un valore delle polizze di 213 milioni). C'è da dire, però, che non sempre il peso della 'garanzia' della banca d'affari fallita sul singolo prodotto assicurativo arriva al 100 per cento, ma varia fino a toccare un minimo del 13 per cento nel caso di un prodotto Unipol. Nel complesso, sono 23 le compagnie coinvolte nel ciclone Lehman, che adesso rischiano di ritrovarsi sotto il fuoco incrociato delle associazioni dei consumatori. "Siamo pronti a citare in giudizio tutte le assicurazioni che hanno venduto questi prodotti", annuncia Ennio Lannutti, presidente dell'Adusbef e senatore dell'Italia dei valori: "Le polizze legate a Lehman Brothers erano ad alto rischio, loro le hanno invece vendute a investitori inconsapevoli". Una tesi cavalcata anche da Confconsumatori: "Tutti i casi che abbiamo sinora esaminato", spiega l'avvocato Emilio Graziuso, responsabile nazionale del settore credito dell'associazione, "vedono coinvolta gente priva delle conoscenze finanziarie necessarie a capire la natura della polizza index linked, i meccanismi della stessa e i rischi connessi. Ma il fatto più grave è che queste polizze sono state prospettate al momento dell'acquisto come arcisicure polizze vita a capitale garantito, senza rischio alcuno". Che la tempesta stesse per scoppiare, rinfocolando le polemiche sul risparmio tradito sollevate negli scorsi anni dalle vicende dei bond argentini e del crac Parmalat ("è scandaloso che questi prodotti assicurativi siano stati venduti pur sapendo dei problemi di Lehman", rincara Laboccetta), lo ha capito il presidente del Consiglio Silvio Berlusconi, proprietario con Ennio Doris di Mediolanum: la scorsa settimana la compagnia assicurativa del Cavaliere ha annunciato di essere pronta a rimborsare interamente i sottoscrittori. Una linea seguita solo da poche altre assicurazioni, come Unipol (è stata lei ad aprire il fronte), Bcc Vita del gruppo Iccrea, e Fondiaria-Sai (quest'ultima ha annunciato il congelamento delle polizze e la restituzione del denaro nel 2010) e che ha permesso a Berlusconi di smarcarsi dalla schiera di coloro che rischiano seri danni di immagine sostenendo di non dovere rimborsare alcunché. Secondo l'Ania, che le polizze contenessero una componente di rischio era infatti chiaro ai sottoscrittori puntualmente messi al corrente dalle compagnie con i prospetti informativi. Nessuna 'disinvoltura', dunque, nel vendere polizze che godevano anche di una elevata affidabilità creditizia. La garanzia del rimborso dei prodotti era in capo a Lehman, emittente dell'obbligazione sottostante. E Lehman, persino a settembre, nei giorni in cui chiedeva la procedura fallimentare, godeva di valutazioni delle agenzie di rating come Fitch, Standard & Poor's e Moody's assolutamente lusinghiere e inferiori solo a quelle del governo degli Usa e di pochissimi altri paesi. Tutto a posto, dunque? No, secondo Lannutti, duro anche con l'Ania (la vuole portare in tribunale per non avere vigilato sull'operato delle compagnie), ma soprattutto con le società di rating: "Citeremo anch'esse in giudizio", annuncia: "Le scandalose valutazioni attribuite a Lehman si spiegano solo con i rapporti incestuosi intrattenuti con banche e assicurazione sulle quali emettono giudizi a pagamento. E questo ha certamente contribuito a trarre in inganno i risparmiatori". n Maledette Index Le polizze index linked sono contratti in cui il capitale assicurato è collegato all'andamento del valore di un indice azionario o di un altro valore di riferimento. La garanzia del capitale è fornita nella maggioranza dei casi da un titolo zero coupon (obbligazione) sottostante emesso da una banca: se la banca fallisce, la garanzia salta. Di fatto sono prodotti finanziari. Le polizze vita tradizionali sono strumenti con i quali l'assicuratore, in cambio di un premio, paga all'assicurato un capitale o una rendita al verificarsi di un evento. Sono di vari tipi: morte (rendita in caso di decesso); vita (pagamento di un capitale o di una rendita in vita); mista (pagamento di un capitale o di una rendita a una data predeterminata o prima in caso di morte). Che bella compagnia Ecco le compagnie assicurative che hanno venduto in Italia polizze in tutto o in parte garantite dalla Lehman Brothers, per quale cifra e a quanti clienti Polizze Valore Numero in milioni polizze di euro CNP Unicredit Vita 576,04 29.141 Novara Vita 290,33 16.540 Unipol Assicurazioni 206,21 13.222 Poste Vita 183,94 35.247 Zurich Life Insurance Italia 135,89 5.345 Mediolanum Vita 118,09 9.339 Assimoco Vita 90,97 7.631 Quadrifoglio Vita 67 3.427 Allianz 36,41 3.864 Uniqa Previdenza 34,43 2.424 BCC Vita 30,11 2.748 C.B.A. Vita 28,57 2.141 Risparmio & Previdenza 25,91 3.295 Aurora 23,91 1.533 Eurizon 20,54 non disponibile Axa Interlife 18,71 1.291 Axa Assicurazioni 14,71 1.533 Fondiaria-Sai 14,02 3.328 Eurovita 13,33 793 Aviva Previdenza 12,97 935 Milano Assicurazioni 8,92 2.466 Systema Vita 0,41 24 Fata Vita non disponibile 299 Totale 1.951,41 111.319 Ma per L'ania colpa di chi le ha comprate I sottoscrittori di polizze index linked legate a Lehman "erano consapevoli del rischio del loro investimento e i prospetti delle polizze erano chiari al riguardo: le compagnie italiane non offrivano alcuna garanzie di restituzione del capitale sottoscritto. L'unico garante era Lehman Brothers". Giampaolo Galli, direttore generale dell'Ania, l'associazione che raggruppa le imprese assicuratrici, non ha dubbi: l'unica speranza per i sottoscrittori di riavere i soldi è quella di insinuarsi nella procedura fallimentare di Lehman. Mediolanum e altre compagnie hanno però rotto il fronte risarcendo gli assicurati. "è chiaro però che una decisione del genere è molto difficile da prendere per una società a capitale diffuso. Ogni euro risarcito al sottoscrittore di una polizza è un euro sottratto al risparmiatore azionista. Si tratta di due interessi divergenti ambedue meritevoli di tutela". Ma queste polizze erano davvero adatte a risparmiatori sprovveduti in materia finanziaria? "L'investimento era assolutamente adeguato a un risparmiatore prudente: il livello di affidabilità di Lehman era altissimo. Le probabililtà di default erano dello 0,04 per cento. In altre parole è un evento raro, che dovrebbe accadere non più di una volta ogni 2.500 anni".

lunedì 9 marzo 2009

MUTUI TORNANO SOTTO IL 5% L'UE: 6 MLN DI DISOCCUPATI



Netta flessione per i tassi sui mutui casa che tornano sotto il 5% dopo oltre due anni. A gennaio il tasso medio sulle nuove operazioni (che comprende tassi fissi e variabili) è sceso al 4,78% (dal 5,08% di dicembre). Il tasso taeg, che comprende anche i costi di istruttoria, è sceso al 4,89% in gennaio (5,18% il mese precedente. I dati sono stati diffusi dalla Banca d'Italia. Per ritrovare un tasso medio sotto il livello di gennaio bisogna risalire all'ottobre del 2006: 4,74%. Il tasso Euribor a tre mesi, quello che le banche applicano fra di loro per i prestiti di depositi trimestrali, è sceso ad un nuovo minimo storico per la diciassettesima seduta consecutiva. Il tasso è sceso oggi all'1,70% dall'1,72% di venerdì secondo la Bloomberg, che cita la European Banking Federation. In calo anche l'Euribor a un mese e quello a una settimana. 

TRICHET OTTIMISTA L'economia mondiale sta ancora rallentano ma si avvicina il «momento della ripresa». Lo ha detto il presidente della Bce, Jean-Claude Trichet, al termine della riunione dei Governatori del gruppo dei 10 di cui è il portavoce. «Stiamo vedendo alcuni elementi espansivi nell'economia mondiale» ha detto Trichet al termine dell'incontro a Basilea.

UE: 6 MILIONI DI DISOCCUPATI Una "recessione senza precedenti che potrebbe causare altri 6 milioni di disoccupati entro il 2010" e produrre "gravi conseguenze sociali per le famiglie e le persone". Sono le considerazioni del progetto di documento del "Comitato per l'occupazione e per la protezione sociale", contenente i messaggi chiave del Consiglio Epsco al Consiglio europeo di primavera. Nelle ultime stime Ue si era parlato della perdita di 3,5 milioni di posti di lavoro solo per il 2009 e di un tasso di disoccupazione per la zona euro pari al 9,25%.

BORSE IN DIFFICOLTA' Le borse europee viaggiano in rosso a metà mattina, penalizzate soprattutto dal comparto bancario che cede il 4,5%. Parigi arretra dell'1,72%, Francoforte dell'1,07% e Londra dello 0,99% mentre Milano resta il fanalino di coda con il Mibtel a -2,39% e l'S&P/Mib -3,20%. La peggiore del paniere principale è Seat pagine Gialle (-8,42%), che ormai vale un terzo rispetto alle quotazioni del 9 febbraio, giorno di raggruppamento dei titoli nel rapporto di una azione per ogni 200 ordinarie o di risparmio. Nel comparto bancario Ubi Banca cede l'8,87% dopo che Standard & Poor's ha declassato da 'positivò a 'stabilè l'outlook sulla propria valutazione di 'À per il lungo termine e 'A-1' per il breve termine sul merito di credito. In calo del 7,98% il Banco Popolare, penalizzato dal -8% della partecipata Italease e del taglio del dgiudizio a neutral da buy e del target da 6,2 a 2,2 euro da parte di Ubs, mentre Citigroup ha ridotto il prezzo obiettivo a 2,45 da 4,70 euro con giudizio hold. Male Intesa Sanpaolo (-6,4%) e Mediobanca (-6,46%). Telecom Italia arretra del 5% dopo che il Credit Suisse ha abbassato il prezzo obiettivo da 1 a 0,8 euro con underperform. Resistono Eni (+1,46%), venerdì in calo del 5,75%, e Geox (+0,22%) mentre Impregilo, che era riuscita a limitare le perdite grazie al via libera del Cipe a opere per 17,8 miliardi di euro, cede il 4,7%. In calo anche Fiat (-4,3%). Nel resto de listino Tiscali, ancora in asta di volatilità, arretra del 43,80%. La società venerdì ha annunciato il mancato raggiungimento dell'accordo con BSkyB per la cessione delle attività inglesi, oltre all'intenzione di chiedere ai principali istituti finanziatori un periodo di sospensione dei pagamenti di interessi, quote capitali e dei covenant finanziari in vista della elaborazione di un nuovo piano industriale. In grande spolvero Pirelli re (+6,18%) mentre il Credem arretra del 7,12% dopo che Deutsche bank ha alzato il giudizio da sell a hold. In Europa sono in forte calo le banche inglesi con Barclays a -10%, Hsbc -9,36% (-24,1% a Hong Kong) e Lloyds -8,57%. Quest'ultima sabato ha raggiunto un accordo con il governo britannico, a cui passerà la maggioranza assoluta dell'istituto inglese. A Londra Aviva balza invece del 5,76% mentre Axa a Parigi perde il 7,22%. Il Credit Suisse cede l'8,10% dopo la comunicazione che il presidente, Walter Kielholz, lascerà la banca elvetica per andare alla guida di Swiss Re (-2,59% in borsa).

EURO IN RIBASSO A metà seduta l'euro viene scambiato in rialzo anche sulla sterlina e sul franco svizzero, rispettivamente a 0,9066 (0,8977) e 1,4642 (1,4582), in un mercato che continua a muoversi a vista. Gli investitori continuano a penalizzare la divisa britannica perchè, oltre ad avere data già per scontata la fine della politica espansiva della BoE (dopo il taglio allo 0,50% deciso giovedì scorso), ritengono che i dati economici del primo trimestre continueranno a essere particolarmente pesanti. Di conseguenza, secondo gli analisti, per la sterlina c'è la possibilità di riavvicinare i minimi visti a gennaio, nei corridoi 1,40-1,35 sul dollaro e 0,90-0,95 sull'euro. I volumi sulla sterlina sono comunque esigui in vista (il 12 marzo) della diffusione del rapporto sull'inflazione della Banca d'Inghilterra. Al giro di boa il dollaro tratta in generale progresso e viene scambiato a 1,1636 franchi (1,1524) e a 1,3878 per una sterlina (1,4116). A fornirgli propellente anche le più recenti dichiarazioni di Lawrence Summers, consigliere economico della Casa Bianca, che hanno rafforzato tra gli investitori la sensazione dell'importanza degli sforzi dell'Amministrazione Usa contro la crisi. Summers, in particolare, ha affermato che l'economia mondiale «necessita di maggiore domanda» e il G20 deve impegnarsi per rispondere a questo fabbisogno in tempo con «un'azione straordinaria dei poteri pubblici». Un'appello che trova credito tra gli addetti ai lavori in vista del prossimo summit dei capi di Stato e di governo (G20) in calendario a Londra per il 2 aprile. L'appello di Summers, inoltre, è perfettamente in linea con gli auspici dell'Fmi.

http://www.leggo.it/articolo.php?id=16101