La Banca centrale europea non aveva alternative all'aumento dei tassi d'interesse. «È stata presa una decisione necessaria, all'unanimità, e ampiamente anticipata dai mercati», dice il governatore di Bankitalia Mario Draghi, nel corso di un intervento a Modena.
Draghi, che ha concorso alla scelta di aumentare i tassi in qualità di componente del Consiglio della Bce, spiega nel dettaglio i motivi che hanno spinto la banca a una decisione impopolare, ma a suo dire necessaria. «I tassi d'inflazione erano già in autunno sopra il 3%; adesso sono oltre il 4% e in alcuni Paesi dell'area euro ben oltre il 5% - argomenta Draghi -; se poi prendiamo in considerazione alcuni beni di largo consumo familiare, il dato è molto più marcato. Pensavamo che gli aumenti, derivanti dal petrolio e da altri beni di base, fossero temporanei. Quando si è capito che i rischi aumentavano - aggiunge - la decisione è stata necessaria, anche perché lasciare che aumentasse il tasso d'inflazione a medio termine significava erodere ancora il potere d'acquisto dei salari».
Decisione necessaria, dunque, anche se «penosa» nel breve termine, conclude Draghi, e comunque non eludibile in base al mandato anti-inflazione della Bce. Lo stesso presidente della Commissione europea, Manuel Durao Barroso, difende l'operato della Banca centrale di Francoforte. «Sarebbe stato molto difficile per la Bce non prendere la decisione di alzare i tassi, non c'era altra scelta. Una decisione diversa - spiega Barroso - sarebbe stata sorprendente, visto che l'inflazione è una minaccia che può mettere in pericolo l'economia mondiale». Il presidente della Commissione ammette che nelle capitali europee ci sono punti di vista diversi sui tassi, «ma trattandosi d'inflazione - puntualizza - ho più fiducia nei banchieri centrali che nei politici». Barroso aggiunge di essere preoccupato anche per l'indebolimento del dollaro sull'euro, ma non si aspetta alcuna decisione in proposito da parte del G8, che si riunisce nei prossimi giorni nell'isola di Hokkaido, nel Nord del Giappone.
Le aspettative sull'andamento dei prezzi non sono positive. Secondo Manuel Gonzales Paramo, consigliere del board della Bce, difficilmente scenderà sotto il 4% nella zona euro prima dell'autunno. Anche la crescita economica dell'area non sarà brillante attestandosi nel 2009, prevede Gonzales Paramo, fra l'1,4 e l'1,6%. Tuttavia il governatore austriaco Klaus Liebscher non ritiene che un aumento di un quarto di punto possa deteriorare la congiuntura nell'area euro.
«La Bce - spiega a sua volta il banchiere centrale lussemburghese Yves Mersch - può far poco per influenzare i prezzi internazionali delle materie prime, ma può intraprendere passi per scoraggiare l'inflazione domestica». Nonostante il presidente Jean-Claude Trichet abbia assicurato che non sono alle viste altri rialzi dei tassi, le parole di Draghi e degli altri banchieri centrali europei nel day after sembrano concordate per lanciare un messaggio di intransigenza, soprattutto nel caso in cui le tensioni inflazionistiche dovessero aggravarsi.
Draghi, che ha concorso alla scelta di aumentare i tassi in qualità di componente del Consiglio della Bce, spiega nel dettaglio i motivi che hanno spinto la banca a una decisione impopolare, ma a suo dire necessaria. «I tassi d'inflazione erano già in autunno sopra il 3%; adesso sono oltre il 4% e in alcuni Paesi dell'area euro ben oltre il 5% - argomenta Draghi -; se poi prendiamo in considerazione alcuni beni di largo consumo familiare, il dato è molto più marcato. Pensavamo che gli aumenti, derivanti dal petrolio e da altri beni di base, fossero temporanei. Quando si è capito che i rischi aumentavano - aggiunge - la decisione è stata necessaria, anche perché lasciare che aumentasse il tasso d'inflazione a medio termine significava erodere ancora il potere d'acquisto dei salari».
Decisione necessaria, dunque, anche se «penosa» nel breve termine, conclude Draghi, e comunque non eludibile in base al mandato anti-inflazione della Bce. Lo stesso presidente della Commissione europea, Manuel Durao Barroso, difende l'operato della Banca centrale di Francoforte. «Sarebbe stato molto difficile per la Bce non prendere la decisione di alzare i tassi, non c'era altra scelta. Una decisione diversa - spiega Barroso - sarebbe stata sorprendente, visto che l'inflazione è una minaccia che può mettere in pericolo l'economia mondiale». Il presidente della Commissione ammette che nelle capitali europee ci sono punti di vista diversi sui tassi, «ma trattandosi d'inflazione - puntualizza - ho più fiducia nei banchieri centrali che nei politici». Barroso aggiunge di essere preoccupato anche per l'indebolimento del dollaro sull'euro, ma non si aspetta alcuna decisione in proposito da parte del G8, che si riunisce nei prossimi giorni nell'isola di Hokkaido, nel Nord del Giappone.
Le aspettative sull'andamento dei prezzi non sono positive. Secondo Manuel Gonzales Paramo, consigliere del board della Bce, difficilmente scenderà sotto il 4% nella zona euro prima dell'autunno. Anche la crescita economica dell'area non sarà brillante attestandosi nel 2009, prevede Gonzales Paramo, fra l'1,4 e l'1,6%. Tuttavia il governatore austriaco Klaus Liebscher non ritiene che un aumento di un quarto di punto possa deteriorare la congiuntura nell'area euro.
«La Bce - spiega a sua volta il banchiere centrale lussemburghese Yves Mersch - può far poco per influenzare i prezzi internazionali delle materie prime, ma può intraprendere passi per scoraggiare l'inflazione domestica». Nonostante il presidente Jean-Claude Trichet abbia assicurato che non sono alle viste altri rialzi dei tassi, le parole di Draghi e degli altri banchieri centrali europei nel day after sembrano concordate per lanciare un messaggio di intransigenza, soprattutto nel caso in cui le tensioni inflazionistiche dovessero aggravarsi.