Nei trasferimenti immobiliari soggetti ad IVA finanziati mediante mutui
fondiari o finanziamenti bancari, l'importo totale del mutuo può essere
superiore al valore dichiarato nell'atto di compravendita.
Questo in sintesi il contenuto della risoluzione n. 248/E dello scorso 17
giugno, con cui l'Agenzia delle Entrate ha risposto all'interpello di un
contribuente che chiedeva di conoscere quale importo debba essere indicato
in fattura e in sede di stipulazione del contratto di compravendita, nonché
se il ricavo da iscrivere in bilancio tra i componenti positivi ai fini
delle imposte dirette debba o meno coincidere con l'imponibile ai fini IVA,
nel caso in cui per l'acquisto il cessionario stipuli un contratto di mutuo
per un importo superiore al costo dell'immobile, al fine di sostenere anche
le spese accessorie alla compravendita.
L'Agenzia ha chiarito che in sede di accertamento è sempre possibile fornire
prova che l'ammontare del finanziamento rilevante ai fini della
determinazione del valore normale è solo parte di quello risultante
dall'operazione di credito ovvero che lo stesso non è finalizzato
all'acquisto dell'immobile. A tale fine, se nel contratto di mutuo è
specificato che parte della somma mutuata non è destinata a sostenere
l'acquisto dell'immobile, per vincere la presunzione occorre fornire prova
documentale della diversa destinazione del predetto ammontare.
Deve essere, pertanto, cura delle parti conservare adeguata documentazione
al fine di superare la presunzione prevista dalla legge.
L'Agenzia ha, inoltre, fatto presente che in riferimento anche all'ultima
finanziaria, nonostante l'entità minima del valore normale dei trasferimenti
immobiliari soggetti ad IVA (finanziati mediante mutui) risulti individuata
ex lege, non si determina un'equiparazione assoluta tra importo del
finanziamento e valore normale, destinata a valere indipendentemente dai
criteri fissati dall'art. 14, del D.P.R. n. 633 del 1972. Ciò significa che
l'Amministrazione non è vincolata dal criterio dell'importo del
finanziamento in tutti quei casi in cui il valore normale, determinato ex
art. 14 del D.P.R. n. 633 del 1972, risulti essere superiore all'ammontare
della sottostante operazione di credito.
Se il cessionario stipula un contratto di mutuo bancario per un importo
superiore al corrispettivo dichiarato nell'atto di compravendita al fine di
sostenere anche altre spese relative all'acquisto dell'immobile, in sede di
accertamento è sempre possibile fornire prova che l'ammontare del
finanziamento rilevante ai fini della determinazione del valore normale è
solo parte di quello risultante dall'operazione di credito ovvero che lo
stesso non è finalizzato all'acquisto dell'immobile. A tale fine, se nel
contratto di mutuo è specificato che parte della somma mutuata non è
destinata a sostenere l'acquisto dell'immobile, per vincere la presunzione
occorre fornire prova documentale della diversa destinazione del predetto
ammontare.
Chiarito questo, l'Agenzia ha fatto presente che la cessione dell'immobile
non può essere fatturata per l'importo corrispondente al valore del
finanziamento, ma al valore effettivamente pattuito fra le parti e che, al
fine di superare la presunzione del maggior imponibile, occorre conservare
con cura la documentazione che prova l'effettiva destinazione delle somme
eccedenti.
Non può, dunque, ritenersi corretto che il cedente fatturi in via preventiva
importi in misura superiore a quelli dichiarati in atto - che, in linea di
principio, coincidono con quelli effettivi del mutuo erogato - al solo fine
di inibire il potere di rettifica dell'ufficio.
Nell'atto di compravendita dell'immobile deve, infatti, essere indicato il
corrispettivo effettivamente pattuito tra le parti e l'Iva deve essere
assolta sulla base dell'ammontare complessivo dei corrispettivi dovuti al
cedente, secondo le condizioni contrattuali.
Fonte : http://www.lavoripubblici.it