venerdì 10 ottobre 2008

" Il modello che gli Stati Uniti hanno " imposto" in varie parti del mondo, e che affida alla finanza un ruolo spropositato, va rivisto".

La crisi che ha scosso i mercati internazionali ha messo in evidenza gli
effetti di una finanza divenuta egemonica ed incontrollabile. Secondo Lino
Terlizzi, giornalista ed analista economico, bisogna rivedere il sistema e
trovare il giusto equilibrio tra economia e finanza. Per riacquistare la
fiducia dei clienti le grandi banche svizzere dovranno incentrare le
operazioni sulla gestione patrimoniale e ridurre ai minimi termini le
attività a rischio nella banca d'investimento.
Vi proponiamo l'intervista di Luigi Jorio a Lino Terlizzi pubblicata da
Swissinfo.ch. Buona lettura.
Dopo le notizie incoraggianti di UBS, che questa settimana ha preannunciato
un ritorno in zona utili, possiamo finalmente tirare un sospiro di
sollievo...
Direi di sì: la tendenza negativa degli ultimi mesi si è in parte invertita.
La partita non è tuttavia ancora finita. Non basta fermare la tendenza, ci
vogliono dei passi ulteriori.
Quale aspetto della crisi merita una riflessione approfondita?
Al di là dei piani di salvataggio messi in atto da alcuni Stati - che sono
nel complesso indispensabili per " spegnere l'incendio" - sarà opportuno
soffermarsi sul ruolo attuale della finanza nell'economia americana e
mondiale. Ad essere messa in discussione oggi è la leadership finanziaria
del mercato anglosassone, in particolare statunitense. Il modello che gli
Stati Uniti hanno " imposto" in varie parti del mondo, e che affida alla
finanza un ruolo spropositato, va rivisto. La finanza in sé non è cattiva,
in quanto serve allo sviluppo dell'industria, del commercio e dell'economia
reale in generale. Se però la finanza diventa fine a sé stessa, in un
sistema in cui è l'economia reale a svilupparsi in funzione dei mercati
finanziari, allora c'è un problema. E la crisi lo ha ben evidenziato.
Possiamo quindi parlare di una "sconfitta" del capitalismo finanziario?
Il termine " capitalismo" è piuttosto ampio e vanno perciò fatte delle
distinzioni. Quella che osserviamo è la sconfitta di quella parte del
capitalismo che ha favorito la creazione di una finanza troppo ampia e
incontrollabile. Questo tipo di capitalismo esce oggi con le ossa rotte. Il
capitalismo che si basa invece sull'economia reale e sull'economia sociale
di mercato - e mi riferisco qui al modello adottato da alcuni Paesi europei,
Svizzera inclusa, che bilancia iniziativa privata e presenza dello stato
sociale - non ha invece subito contraccolpi, anzi.
Da un punto di vista generale, che non si sofferma sull'aspetto puramente
monetario, chi sono i "vincitori" dell'intera faccenda?
Molto probabilmente i grandi Paesi emergenti, che usciranno dalla crisi con
un ruolo accresciuto. Basta d'altronde guardare i titoli pubblici americani:
in gran parte sono già nelle mani della Cina. Anche l'Europa, compresa la
Svizzera, potrebbe uscirne a testa alta. Dovrà però intervenire
efficacemente sulla crisi che, non dimentichiamolo, ha parzialmente colpito
anche le sue banche e piazze finanziarie. L'Unione Europea dovrà poi
favorire la riflessione sulla riforma del sistema finanziario, mettendo
l'accento su un maggiore controllo dei rischi e trovando un equilibrio tra
finanza, economia reale e stato sociale. Se al contrario non saprà reagire e
rimarrà legata al modello americano, figurerà anch'essa come gli Stati Uniti
tra i perdenti.
Diversi Governi hanno reagito immediatamente alla crisi investendo soldi
pubblici negli istituti finanziari. Quali saranno le ripercussioni sui
consumatori?
In Europa si sta già in parte reagendo a questa situazione, come dimostra il
calo generalizzato dei consumi. Un'evoluzione che non sorprende, data la
prudenza che prevale tra la popolazione. Senza i piani di salvataggio, la
situazione sarebbe comunque peggiore. Non credo invece che nei termini
attuali l'intervento pubblico avrà importanti ripercussioni sull'inflazione,
la quale rimane piuttosto legata alla ripresa economica e soprattutto ai
recenti rialzi delle materie prime.
Quali insegnamenti si possono trarre dalla crisi e come si dovrà intervenire
in futuro per evitare il ripetersi di tale situazione?
Sarà necessario evitare la proliferazione di prodotti finanziari, a garanzia
dei quali ci sono dei beni reali. Nel caso specifico dei mutui ipotecari,
all'inizio della catena c'è un bene reale, cioè la casa, sul quale si
effettua un prestito ipotecario. Su questo prestito c'è poi tutta una serie
di altri prodotti, come le obbligazioni e altri debiti, che vengono ad
accumularsi. L'idea che si è affermata negli Stati Uniti ed in altre parti
del mondo, secondo cui si può costruire una catena infinita di prodotti
finanziari senza alcun rapporto con l'economia reale, è sbagliata. Le
autorità e gli organi di vigilanza dovranno poi accentuare la loro azione di
controllo dei rischi. Il libero mercato ci deve essere, ma sono necessarie
regole chiare e precise. Essendo i mercati finanziari molto più globali e
collegati tra loro, ci vuole inoltre un maggior coordinamento tra gli organi
che sorvegliano e intervengono in caso di difficoltà. Il ruolo della Banca
Mondiale e del Fondo Monetario Internazionale va probabilmente rivisto in
funzione della nuova realtà. Lo ripeto: la finanza non può dominare
l'economia reale.
Su cosa dovranno puntare le banche svizzere?
In termini finanziari, la piazza finanziaria svizzera è stata colpita prima
di altre. Ora sta però reagendo bene. Se il rilancio e le riorganizzazioni
saranno portati a termine con successo, gli istituti elvetici potranno
sicuramente approfittare delle difficoltà di altre banche. Nel caso
specifico di UBS, sarà importante completare la riforma interna. Ora ci
saranno dei tagli di personale, che sono dolorosi ma necessari per contenere
i costi e riorganizzare le attività. Bisognerà poi incentrare le operazioni
sulla gestione patrimoniale e ridurre, o addirittura abbandonare, le
attività a rischio nella banca d'investimento. Questo consentirà di
riacquistare la fiducia dei clienti e di far affluire nuovi capitali.
Fonte: swissinfo- Intervista di Luigi Jorio